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A volte, a prima vista, lo Snoezelen potrebbe essere confuso con una stanza piena di luci colorate e niente di più. Una sorta di divertente ambiente iper-stimolante in cui prevale l’occhio.

In realtà, capita che sia effettivamente così: succede quando le stanze sono progettate in maniera poco funzionale e modulabile e il personale non ha in chiaro il messaggio -estremamente più profondo- che lo Snoezelen porta.  Allora questa ricca attività si trasforma in una giostra di luci con cui -nel peggiore dei casi- stordire un po’ l’attenzione del proprio ospite.

 

*LE ORIGINI

Snoezelen nasce negli anni ’70 in Olanda, per opera di due rivoluzionari terapisti: Jan Hulsegge e Ad Verheul. In un’epoca in cui in Europa era in atto un lento ma costante movimento che avrebbe rivoluzionato pian piano il mondo dell’assistenza al disabile (basti pensare alla Legge Basaglia che arrivò in seguito in Italia, mentre in Germania si sviluppava la Stimolazione Basale) e la nuova generazione di professionisti iniziava a notare cose prima meno evidenti a chi animava i reparti: una struttura era, per i pazienti che vi abitavano, la loro casa.

Ma della casa, quelle strutture non avevano molto: ambienti sterili, asettici, con file di letti tutti identici e personale in camice. Voi la chiamereste casa? Inoltre, l’assistenza era ridotta essenzialmente a igiene e nutrimento. Poche attività erano allora proposte agli ospiti, che trascorrevano ore, giorni, mesi e anni nella noia di un ambiente di deprivazione sensoriale, nell’idea comune che non necessitassero di stimoli.

photo courtesy worldwide snoezelen

E’ così che lentamente, cominciando dall’utilizzo di materiali di uso comune applicati in maniera creativa (catene, nastri, campanelle, palloncini e creazione di vere e proprie “giostrine” simili a quelle dei neonati) si iniziò a sperimentare nuove forme di attivazione attraverso i sensi.

Dopo alcuni interessanti esperimenti, si giunse -una decina di anni in seguito- alla creazione di stanze fisse in cui potessero essere stimolati i sensi e il corpo in un contesto di rilassamento e benessere, evitando la tanto temuta sovrastimolazione. Come fare?

Era essenziale che lo spazio fosse:

-un ambiente neutro che potesse modificarsi con l’utilizzo di luci colorate (bianco, essenzialmente, per potervi proiettare sopra), oscurabile

-un ambiente che teneva in considerazione tutti i sensi, compreso quello vestibolare. Ecco perchè nelle sale abbiamo sempre amache e letti ad acqua, che forniscono un movimento anche a chi non può muoversi autonomamente. Le luci non dovrebbero mai essere l’unica fonte di stimolo in una sala ben progettata.

-un ambiente rilassante e calmo, una sorta di “bolla” in cui poter riportare alla calma anche persone generalmente iperstimolate nell’ambiente esterno

-un ambiente modulabile: ovvero, in cui ogni elemento potesse essere acceso o spento, variato nel colore. Scelto. Ponderato.

-un ambiente che fosse un setting ideale per entrare in contatto con le persone accompagnate: lo spazio di per sè, è solo uno spazio. Lo Snoezelen richiede in maniera determinante l’accompagnamento da parte di un operatore formato per ritenersi tale. Una palestra ben fornita, assicura un allenamento adeguato anche senza un personal trainer che sappia utilizzare quegli attrezzi?

-un ambiente “accattivante”, che stimolasse la curiosità e l’attenzione anche di chi era difficilmente interessato al mondo circostante

… così si inizio a sperimentare lo Snoezelen (da “doezelen” e “snuffelen”, un termine informale creato ad hoc da Verheul e Hulsegge).

 

photo courtesy worldwide snoezelen

*LO SVILUPPO

I risultati furono entusiasmanti e dopo alcuni anni un’azienda propose di produrre dei materiali per l’allestimento di queste sale in larga scala. Nacque quindi l’associazione ISNA-MSE, sostenuta dai due padri dello Snoezelen, per assicurare che le sale potessero essere utilizzate da operatori con un’adeguata formazione. Centro Sfera Bianca propone le formazioni ISNA-MSE (clicca qui per saperne di più) e le formazioni di Stimolazione Basale. (clicca qui per vedere il calendario).

Dall’inizio degli anni 2000, lo Snoezelen  ha conosciuto un interesse sempre maggiore anche in ambiti diversi da quelli in cui si è sviluppato in origine: non solo nella disabilità motoria e cognitiva, ma anche nell’assistenza all’anziano, nella primissima infanzia, nelle scuole, nel palliative care e persino nella prevenzione del burn out e nelle terapie complementari.

Questo perchè rimane uno strumento modellabile e ricco di possibilità: ma per questo, vi invitiamo a seguire il blog e leggere i prossimi articoli sul tema.

 

Di seguito, una videointervista (in inglese) ai fondatori dello Snoezelen Verheul e Hulsegge, sulle origini e le prime esperienze Snoezelen con i colleghi.

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